sabato 7 aprile 2007

…il mistero e’ una maschera che nasconde l’ovvio..

Alle 7 del mattino del 17 febbraio, ultimo sabato del Carnevale 2007, la sveglia mi ricorda che oggi non sarà un giorno come gli altri. Oggi parteciperò al mio primo workshop fotografico, assieme ad altri quattro ragazzi. Saremo coordinati da Andrea e Roberto, due dei fotografi di Piccolo Formato, che abbiamo incontrato ieri sera per gli ultimi ragguagli sulla giornata che ci attende. L’appuntamento è in stazione, direttamente al binario su cui viaggia il treno diretto a Venezia, oggi in piena festa per il suo acclamato Carnevale.
I miei compagni di questa avventura sono Carlotta, Laura e Massimo. Durante le due ore di viaggio ripassiamo le nozioni basilari per il buon utilizzo di una reflex, analogica o digitale che sia. Non essendoci stata imposta nessuna regola precisa, abbiamo con noi macchine diverse. Io, Carlotta e Laura siamo rimasti fedeli alle “vecchie” (si fa per dire..) analogiche, portandoci una sfilza di rullini a colori, qualche bianco e nero, diapositive, e gli zoom più potenti in nostro possesso. Massimo, Roberto e Andrea invece utilizzano reflex digitali.
Venezia è come me la ricordavo: stupenda, colorata, affollata, oggi più che mai. La fortuna vuole che siamo assistiti da un tempo meraviglioso: il cielo è terso e la luce perfetta, e perciò cominciamo a fare i primi scatti appena fuori dalla stazione. Alcuni ragazzi dipingono con colori sgargianti i visi di bambini e adulti che poi si avventureranno per calli e campi fino a San Marco, centro nevralgico della festa odierna. Per noi è l’occasione ideale per prendere confidenza con le macchine, con i soggetti, con la luce e tutto l’ambiente che ci circonda. Questa prima mezz’ora ci deve preparare ad affrontare il lavoro più difficile che ci aspetta di lì a poco, quando dovremo essere rapidi e precisi nel catturare le maschere.
Passato il primo momento di timore, sentendoci più sicuri delle nostre potenzialità, ci inoltriamo nel cuore della città; le prime maschere si mostrano ai bordi delle strade confondendosi tra la folla, e camminano lentamente verso un punto strategico in cui mettersi in posa per farsi ammirare. Proseguendo verso piazza San Marco, incontriamo gente proveniente da ogni parte del mondo, e ci rendiamo conto dell’enorme importanza che questo Carnevale ha a livello internazionale. Molte delle persone che si nascondono dietro le maschere sono stranieri che ogni anno arrivano a Venezia per sfilare con i loro costumi elaborati, cangianti, fatti fare su misura nelle botteghe artigiane della città, come vere e proprie opere d’arte. Alcune mostrano ai fotografi più attrezzati il proprio indirizzo, e un foglietto in cui chiedono che vengano loro spediti gli scatti più belli. Mentre la sto fotografando, una di loro tira fuori dal lungo mantello bianco una macchina usa e getta, e mi chiede di farle una foto.
Arriviamo in piazza San Marco nel primo pomeriggio: ci accoglie un tripudio di colori, suoni e immagini. La folla è impressionante: qui le maschere più belle si lasciano fotografare per una decina di minuti, poi si spostano per cercare altro pubblico. I loro costumi sono spettacolari, i colori forti resi ancora più brillanti dalla luce del sole. Si muovono a coppie, al massimo in gruppi di tre, ma per la maggior parte sono da sole, uniche protagoniste del bagno di folla, come vere e proprie star. Sono misteriose, accattivanti, altezzose; gli occhi, che si intravedono appena, mostrano però un’intensità piena di fascino, che accresce il senso di mistero che accompagna queste strane figure, mentre il lento movimento delle mani e l’espressione ferma catturata nella cartapesta risultano quasi ipnotici.
Il nostro workshop giunge al culmine: il gruppo si divide per due ore, nelle quali ognuno ha lo spazio e il tempo necessari per scegliere i soggetti in piena libertà, interpretando le immagini secondo la propria ispirazione. Mi rendo subito conto che i colori sono protagonisti in questo evento: su tutti si nota l’oro, che, simboleggiando ricchezza e luce, ricorre, in maniera più o meno forte, su tutte le maschere. Ogni vestito ha un colore che predomina sugli altri, e che rende la maschera immediatamente riconoscibile in mezzo a centinaia di persone. Nel mio percorso ne vedo una tutta azzurra, bianca e argento, nel cui turbante le sfere argentate riflettono tutta piazza San Marco. Un’altra è vestita di velluto vede, e una, che ha una veste in cui spiccano l’oro e il rosa, riflette per gioco la propria immagine in uno specchio. Tutte hanno guanti con anelli sgargianti, turbanti ricchissimi, piume in testa, pizzi preziosi e colletti vistosi, ventagli e ombrellini ricamati. E’ uno spettacolo mai visto, e capisco il motivo per cui non siamo i soli fotografi qui a Venezia.
In effetti, in questo breve lasso di tempo imparo che il Carnevale di Venezia è una delle mete preferite dai fotografi, dilettanti, ma anche professionisti attrezzati con cavalletti e obiettivi per noi proibitivi. Capisco anche che il lavoro di fotografo deve essere durissimo, e soprattutto stancante. Per catturare una bella immagine bisogna essere più veloci degli altri, più osservatori, più furbi e più pazienti. Bisogna rincorrere i soggetti, “sgomitare” per appostarsi in una buona posizione e scattare tanto, aspettando che la maschera si accorga del tuo obiettivo, inventando magari una posa pensata per te. Bisogna avere molta fortuna per essere fotografi, aspettare che il momento giusto arrivi quando si è pronti per catturarlo.
Quelle due ore sono state per tutti massacranti, ci riuniamo con spalle e piedi doloranti, e tuttavia assolutamente soddisfatti per ciò che abbiamo fatto. A malincuore ripercorriamo lentamente a ritroso la strada che ci porta in stazione, fermandoci ad osservare gli angoli più caratteristici della città. Notiamo che Venezia è regale anche nei suoi spazi più angusti, e che il suo Carnevale è lo specchio di un’immagine che la rappresenta come città allo stesso tempo moderna e ancorata al passato, un’isola di diversità, un sogno da cui ci si sveglierà non appena tornati a casa. A Venezia ogni visitatore si sveste della sua identità quotidiana e vive in un mondo a parte, un mondo trasformato e unico. Esattamente come le maschere, chi arriva a Venezia assume, anche se per un brevissimo lasso di tempo, un’altra identità. L’aspetto più affascinante di incontrare una maschera è la consapevolezza che dietro a quel volto statico ce n’è uno vero, e che sotto quel vestito c’è una persona che domani vestirà uguale a noi, che farà le stesse cose che noi facciamo oggi. Sotto ad una maschera si può nascondere chiunque, e fotografandone una si cerca di fermarne l’identità sfuggente e misteriosa.
Nel tragitto di ritorno continuiamo a scattare, e anche se ormai la luce non ci assiste più come prima abbiamo sempre la speranza di aver creato qualcosa di buono e originale. Ci soffermiamo di più sui particolari, approfittiamo della presenza di un minor numero di fotografi per cercare la posizione perfetta e la giusta inquadratura. I rullini però cominciano a finire, si sta facendo tardi, e come Cenerentola anche noi dobbiamo svegliarci dal sogno e affrettarci verso la stazione. In treno ci aspetta un miracoloso posto a sedere, e un meritato riposo fatto di chiacchiere e commenti sulla giornata. I rullini riempiti oggi sono molti, il bagaglio di informazioni che ognuno di noi si porterà dietro enorme, e il ricordo eterno, anche lui impresso in uno dei fotogrammi della nostra memoria.