venerdì 23 ottobre 2009

STRADA PROVINCIALE TRE, Simona Vinci.

Bellissimo questo romanzo della bolognese Simona Vinci, che racconta la ribellione interiore di una donna definita normale; una donna, tuttavia, a cui la normalità ha tolto libertà e gioia di vivere. Vera corre, scappa, non si sa da cosa, né da chi. Corre lungo la Strada Provinciale Tre, altrimenti detta trasversale di pianura, in mezzo a desolazione e smog: tir, prostitute, spazzatura, mendicanti. Capannoni industriali e case coloniche abbandonate convivono e resistono fianco a fianco, oppressi da smog e rumore, afa, nebbia e grigiume. Il paesaggio alienante della campagna deturpata dall’industria riflette il carattere della protagonista, che alienata dalla sua stessa vita, vaga senza una meta precisa lungo il ciglio della strada, chiusa in se stessa, senza nient’altro che i suoi confusi pensieri, e con l’unico impulso di non fermarsi, rifiutare ogni contatto umano e ogni stabilità.
Le due persone in cui si imbatterà lungo il cammino le assomigliano in quanto sole, dimenticate, invisibili agli altri e rinchiuse nel proprio mondo: Franco, il vecchio che rifiuta di abbandonare la sua casa decadente sul bordo della strada, e Dimitri, emigrato ucraino che sogna una vita migliore. Allo stesso tempo però, si differiscono da lei perché radicati alla propria realtà, rassegnati a quello a cui la vita li ha portati. Vera invece, scappa da se stessa, da quello che è stata e da un’esistenza di cui non riesce più a cogliere il senso. Vera cerca la libertà dai vincoli e dalle costrizioni che la società impone a lei come a tutti noi, rifiuta non tanto la NORMALITA’, quanto l’ACCETTAZIONE della normalità e della quotidianità.
Vera è una donna qualsiasi, e qualsiasi donna potrebbe essere Vera.

lunedì 19 ottobre 2009

Stieg Larson, UOMINI CHE ODIANO LE DONNE

Raramente mi è capitato di imbattermi un libro così mal scritto come UOMINI CHE ODIANO LE DONNE. Al di là della questione letteraria o narrativa (anche qui avrei parecchie cose da ridire..), mi riferisco traduzione ed editing: semplicemente, il linguaggio non sta in piedi. Quasi ogni frase scritta ha un errore di costruzione, punteggiatura, o inesattezza lessicale. Ci sono in particolare alcune chicche che meritano una nota:
- un personaggio è descritto come un viveur che si diverte facendo surf nelle “Indie Occidentali”. In effetti esiste una confederazione di stati caraibici chiamati Indie Occidentali Britanniche, ma il termine mi sembra comunque talmente anacronistico da essere quasi ridicolo. Invece di parlare di Caraibi o centro America, Indie Occidentali mi fa subito pensare alle 3 caravelle..
- un altro personaggio racconta di aver trovato temporaneamente alloggio e rifugio in un convento, ma – cito testualmente – “non facevo la suora”. Secondo voi, è possibile fare la suora? Essere suore, o preti, o frati, è un lavoro che si fa per un periodo, come può essere il cameriere, l’insegnante o il poliziotto? Oppure è uno stato d’essere permanente, una scelta di vita che condiziona tutti gli aspetti della vita? Io propenderei per la seconda.
A questo punto mi chiedo due cose:
1. Come sarà in lingua originale? E nelle altre lingue in cui è stato tradotto? A giudicare dal successo di pubblico, spero che gli altri editori siano stati un po’ più precisi e attenti di quello italiano. Il libro si legge bene, è scorrevole e avvincente, nonostante le continue ripetizioni e lo spreco di inutili dettagli, che ne fanno lievitare considerevolmente il volume (memorabili le 10 righe di caratteristiche tecniche per descrivere il nuovo Mac della protagonista).
2. Mi domando inoltre come sia possibile che nessun lettore si sia accorto di quelle che non sono semplici sviste, ma grosse imprecisioni, e perché la trilogia sia diventata un successo di massa. Immagino che sia per lo stesso motivo per cui anche personaggi di spicco, giornalisti e politici hanno smesso di usare il congiuntivo, o per cui cuochi ed esperti di cucina parlano DEI gnocchi (semplicemente atroce!). Ma ci siamo così linguisticamente appiattiti da non riconoscere quando una storia è scritta bene e quando male? Quando leggiamo, siamo così distratti da non accorgerci che le frasi “non filano” come dovrebbero?